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Potenza, 31 marzo 2009


DEFEND-1: un nuovo studio internazionale per sconfiggere il diabete di tipo 1

Sconfiggere il diabete mellito di tipo 1 senza ricorrere al trapianto è l’obiettivo del progetto internazionale Defend-1, di cui l’Università Campus Bio-Medico di Roma è centro di coordinamento italia

Il diabete tipo 1 è una patologia autoimmune che distrugge le cellule beta del pancreas produttrici di insulina, ormone necessario al nostro organismo per utilizzare gli zuccheri come fonte di energia ed evitare che questi si accumulino nel sangue portando a numerose gravi conseguenze per la nostra salute. Questo tipo di diabete fa registrare ogni anno in Italia circa 3.000 nuovi casi nella fascia di età compresa tra i 18 e i 35 anni. “Ma dove sono questi pazienti?” chiede il prof. Paolo Pozzilli, coordinatore dello studio Defend-1 in Italia, “Dovrebbero essere informati su questi studi e sulle nuove prospettive che essi offrono alla cura del diabete”. Sono proprio le persone affette da diabete di tipo 1, neo-diagnosticate da non più di tre mesi, e di età compresa tra i 18 e i 35 anni ad essere interessate dallo studio Defend, il primo controllato, internazionale e di ampia portata che prevede l’utilizzo del nuovo farmaco otelixizumab. Progetto Diabete ha intervistato il Prof. Pozzilli per capire esattamente di cosa si tratta, quali sono i suoi obiettivi e in quale panorama questa ricerca si inserisce. Prof. Pozzilli, è iniziata la fase 3 dello studio DEFEND-1 (Durable Response Therapy Evaluation For Early or New Onset Type 1 Diabetes). Ci spiega perché verranno arruolati soltanto soggetti neodiagnosticati? Il farmaco oggetto di questa ricerca agisce nella direzione del mantenimento dell’autonomia nella produzione insulinica. Per questo è necessario intervenire prima che linfociti e autoanticorpi abbiano distrutto completamente le beta-cellule pancreatiche produttrici di insulina. Credo fermamente che la strada di preservare la produzione residua di insulina sia la carta vincente per la sconfitta del diabete di tipo 1. Ed anche qualora non si riuscisse a centrare pienamente l’obiettivo di salvare un numero sufficiente di queste cellule, si punta comunque ad ottenere una notevole riduzione del fabbisogno esterno di insulina e, quindi, un miglior controllo della glicemia, unito a una minore incidenza futura delle complicanze del diabete, che interessano occhi, rene, sistema nervoso e circolazione. Il trial prevede di testare il nuovo farmaco otelixizumab su pazienti con diabete tipo 1 di recente diagnosi. Può dirci, in parole semplici, quali sono gli obiettivi che questo studio si prefigge? Il trial verificherà il funzionamento dell’otelixizumab, un anticorpo monoclonale prodotto in laboratorio, nello stimolare speciali cellule immunitarie regolatrici (i linfociti T regolatori) prodotte dall’organismo stesso. Questi linfociti sono in grado di controllare l’autoimmunità beta cellulare mediata dai linfociti T citotossici. Questa terapia dovrebbe quindi neutralizzare i linfociti alterati, preservando le beta cellule ancora sane presenti nel pancreas dei pazienti di nuova diagnosi. Contiamo di ottenere anche un parziale recupero funzionale delle cellule danneggiate ma ancora in grado di produrre insulina. I risultati della ricerca verranno valutati grazie alla misurazione dei livelli di C-peptide (che dà la misura di quanta insulina viene prodotta dall’organismo) e della riduzione della quantità di insulina necessaria al mantenimento di un buon controllo glicemico. Cosa significa che lo studio DEFEND è uno studio controllato, internazionale e di ampia portata? Controllato significa che il trattamento è prescritto solo ad una parte dei soggetti arruolati nell’indagine, mentre agli altri viene somministrato un placebo. In questo modo si potranno confrontare i risultati dei due gruppi e verificare che vi siano differenze statisticamente significative. Lo studio è internazionale e coinvolge diversi stati europei (Svezia, Finlandia, Germania, Italia e Regno Unito) e americani (Stati Uniti e Canada) e dovrebbe coinvolgere circa 160 pazienti solo in Europa. Come viene somministrato e come agisce questo nuovo farmaco? L’otelixizumab viene somministrato per infusione endovenosa con pompa per otto giorni consecutivi. Dopo questa somministrazione, che può essere fatta in ricovero o in day-hospital, non ci si dovrà più sottoporre ad ulteriori cure. Infatti, l’anticorpo somministrato in pazienti con diabete tipo 1 che hanno ancora una attività residua delle cellule beta, bloccherebbe definitivamente la funzione delle cellule T che erroneamente attaccano e distruggono le cellule produttrici di insulina, preservandone quindi la normale capacità di produrre l’ormone. Negli anni scorsi Progetto Diabete ha contribuito a diffondere l’informazione sull’arruolamento di pazienti per lo studio DiaPep277, di cui lei è coordinatore. A quando i risultati di questo trial? Il trial DiaPep277 ha finora reclutato 370 pazienti di tipo 1 alla diagnosi. I risultati saranno disponibili entro la fine dell’anno. Colgo l’occasione per segnalare che queste ricerche in realtà si inseriscono in un più ampio panorama di studi attualmente in corso in tutta Europa. Uno di questi è il Defend, argomento di questa intervista, che come abbiamo visto coinvolgerà 160 pazienti in tutta Europa di età compresa tra i 18 e i 35 anni, neodiagnosticati con diabete tipo 1. Un altra ricerca, il Dyamid, studia invece una popolazione di età compresa tra i 10 e i 20 anni, quindi in età per lo più pediatrica, anch’essi diagnosticati da non più di tre mesi. Il Dyamid utilizza GAD (decarbossilasi dell’acido glutammico), somministrati sotto cute per indurre tolleranza immunologica a questo antigene associato al diabete tipo 1 (immunoterapia per desensibilizzare il soggetto contro i GAD). Questo studio, di cui sono sempre coordinatore, arruola circa 280 pazienti. Infine il trial Aida (Anti-Interleukin-1 in Diabetes Action) che utilizza un farmaco contro l’artrite reumatoide, l’anakinra, un antagonista del recettore dell’Interleuchina-1, citochina che produce infiammazione del pancreas. Lo studio interessa 80 pazienti dai 18 ai 35 anni. Quali sono i centri italiani interessati dalla ricerca e in che modo i pazienti potranno mettersi in contatto con essi per parteciparvi? Come abbiamo detto, la partecipazione riguarda pazienti di età compresa tra i 18 e i 35 anni, diagnosticati da non più di tre mesi con diabete tipo 1. Il laboratorio di endocrinologia e malattie metaboliche del Campus Bio-Medico di Roma, che io dirigo, collabora con altri centri di ricerca universitari e ospedalieri italiani. Tra questi figurano l’università La Sapienza, l’università Cattolica del Sacro Cuore, gli ospedali Pertini e San Camillo Forlanini, il Polo Pontino della Sapienza, l’ospedale San Raffaele di Milano e le università di Bari e di Palermo. Per avere ulteriori informazioni sui centri universitari e ospedalieri che partecipano alla sperimentazione è stato attivato il numero verde 800984449 che può essere contattato già da ora in ogni momento. A cura di Guido Seu
(Fonte www.progettodiabete.org)


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